domenica 13 novembre 2016

Monet profeta dell'informale

Alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo

di Renato Sales

Claude Monet a Giverny
davanti allo stagno delle ninfee, 1905
"Le Ninfee" sono un ciclo di 250 dipinti eseguiti da Monet nel giardino della sua casa a Giverny, sulla Senna, negli ultimi trent’anni. Molte di queste opere furono create nonostante fosse stato colpito da cataratta. 
Monet è un pittore “seriale”, nel senso che per rincorrere un soggetto, magari mutevole come l’atmosfera, dipinge con grande rapidità su tele diverse e contemporaneamente. Guy de Maupassant così lo descrive: ”Una volta – racconta lo scrittore - prese tra le mani un temporale che batteva sul mare e lo gettò sulla tela, e quella che aveva così dipinto era proprio la pioggia”. Ancora. Nel ritrarre la Cattedrale di Rouen, Monet comincia una tela al primo mattino e, man mano che la luce varia e l’immagine si modifica, passa alla tela accanto, fino a riprodurre a fine giornata lo stesso soggetto in momenti e tonalità di colore diversi. Produce così alcune “serie” di quadri che raffigurano, oltre alla cattedrale, pioppi, pagliai e, appunto, le ninfee. 
Queste ultime ossessioni, provenienti dagli Stati Uniti, sono ora esposte alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, nel parmense, con il titolo “Quelle ninfee che anticiparono l'Informale”.
Monet è attento alla ricerca di effetti di luce e di atmosfera; ha dedicato la vita a cercare le sfumature di colore che percepiva nella temperie delle città, delle campagne, dei porti. Il suo intento è quello di dare l’impressione visiva di un istante con piccoli tocchi di colore e rapide pennellate, senza mettere a fuoco i dettagli, come se tutto fosse visto in un colpo d’occhio. Nel 1874 espone un quadro che ha come soggetto un’alba nel porto di Le Havre, città dove aveva vissuto da piccolo. Non sapendo come intitolare l’opera la chiama semplicemente Impression,soleil levant. Nasce l’Impressionismo.

Claude Monet, Les Bassin des Ninpheas, 1904, olio su tela
Da quell’esposizione allo Stagno delle ninfee, armonia verde” del 1899, la vita e l’arte di Monet sono in effetti una lunga e profonda ricerca sulla rifrazione. L’analisi culmina con il ciclo delle Ninfee, che “si collocano – segnalano i curatori della mostra - a metà tra la pittura di paesaggio e una nuova pittura decorativa con aspetti artificiosi, quasi astratti, che hanno nella costruzione spaziale la loro novità. I toni cromatici, ora, non esprimono più solo le metamorfosi della luce e dei riflessi, ma sono mezzi che trascendono la realtà per creare qualcosa di completamente inedito, sovratemporale e intangibile”.
E’ in questi termini che va inteso il titolo della rassegna. Informale, però, non nel senso di una pittura senza forma, senza alcuna idea di opera cioè, ma uno sforzo creativo libero d’improvvisare sull’onda delle emozioni, con figure appena riconoscibili, in uno spazio senza piani precisi, abbandonando la prospettiva geometrica e lasciando che solo i colori, e i materiali, siano i veri protagonisti della tela.
In fondo, quando Monet dipinge con grande rapidità su diverse tele in gara con il movimento della luce, non ricorda forse i gesti veloci e istintivi, non controllati, di un Pollock, per esempio? L’Action painting, il vitalismo americano, la pop art nascono dunque dalle invenzioni pittoriche di quel grande Maestro francese che aveva saputo sublimare un fastidioso handicap in una profezia d’arte senza confini.