lunedì 20 febbraio 2017

Artemisia Gentileschi: un’artista fuori dal tempo

L’esposizione a Palazzo Braschi di Roma.

di Renato Sales

Maddalena penitente
Artemisia Gentileschi, prima che artista dal talento sconfinato e dalle capacità tecniche raffinate, fu donna di inarrestabile energia, dotata di una volontà risoluta e di un carattere irriducibile. Qualità che le permisero di entrare all’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze, che la spinsero a imparare a leggere e a scrivere da autodidatta e in età adulta; a suonare il liuto, a frequentare il mondo culturale dell’epoca, a superare le violenze familiari, lo stupro per opera di Agostino Tassi, le difficoltà economiche e a tessere una furiosa storia d’amore col nobile Francesco Maria Maringhi  testimoniata da un epistolario appassionato.
A questo genio della pittura, e della vita, il Museo di Roma dedica la vasta e completa retrospettiva Artemisia Gentileschi e il suo tempo allestita nelle sale di Palazzo Braschi.

Artemisia, con la sua vita, e nelle sue opere, supera i limiti circoscritti della sua sfera temporale e incarna la metafora della rinascita e della metamorfosi: da bambina violata dall’amico e sodale del padre, a donna coraggiosa, pittrice controcorrente ed eroina, e approda alla grande storia dell’arte.
Autoritratto suonatrice di liuto
Usa la forma della biografia e la declina con la pittura nelle figure tragiche e spettacolari delle sue Giuditte, delle Cleopatre, delle Maddalene, delle sante, dame o suonatrici. Le sue donne vendicatrici non sono tuttavia corpi da bacheca, da messa in scena, ma sono come sospese tra la luce del riscatto e le cupe ombre del Caravaggio a dimostrare che la personalità e l’esistenza stessa della donna non può essere confusa, o sovrapposta, con il suo corpo.
Il percorso espositivo permette non solo di godere di capolavori assoluti come Giuditta che taglia la testa a Oloferne, Ester e Assuero, l’Autoritratto come suonatrice di liuto, Susanna e i Vecchioni e moltissimi altri, ma consente di mettere in relazione le opere dei suoi soggiorni a Roma, a Firenze, a Napoli e Venezia (periodo sui quali vi è ancora molto da indagare e conoscere) o la breve parentesi londinese con quelle dei pittori attivi in quegli anni: da Guido Cagnacci a Simon Vouet, da Giovanni Baglione a Cristofano Allori, Francesco Furini, Giovanni Martinelli, Jusepe de Ribera, Francesco Guarino e altri. La rassegna presenta così ben 100 opere, che consentono un viaggio unico nell’arte della prima metà del XVII secolo.

Susanna e i vecchioni
La mostra, che gode del patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, è promossa e prodotta da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia Group ed è stata organizzata in sinergia con Zètema Progetto Cultura.

L’esposizione, che rimane aperta sino al 7 maggio 2017, nasce da un’idea di Nicola Spinosa ed è curata dallo stesso Spinosa per la sezione napoletana, da Francesca Baldassari per la sezione fiorentina e da Judith Mann per la sezione romana.
Il catalogo è di Skira.