domenica 4 giugno 2017

Giovanni Boldini

al Complesso del Vittoriano in Roma.

di Nicolina Bianchi

Signora bionda in abito da sera, 1889 ca,
pastello su carta incollato su tela,
cm 220 x 150
Una certa critica vuole Giovanni Boldini, in mostra all'Ala Brasini nel Complesso del Vittoriano in Roma, “bravo, ma banale”. In realtà il pittore ferrarese, rileva il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini nella sua introduzione al catalogo, “fu artefice di una profonda modernizzazione del linguaggio pittorico” tanto da introdurre un nuovo e originale senso di movimento e dinamismo senza rinunciare alla poesia. Di questo ne era assolutamente certa la scrittrice e poetessa americana Gertrude Stein, grande appassionata d’arte, che continuò a considerare Boldini “il miglior pittore del secolo scorso”.

La storia artistica di Boldini è un susseguirsi d’interferenze, convergenze e remixing, dal suo iniziale soggiorno a Firenze (1864) a contatto con il clima risorgimentale e decisamente innovativo del momento. Punto d’incontro di artisti e letterati europei, infatti,  la capitale toscana è stata sicuramente per Boldini una felice occasione di scambi e di reciproche influenze di stili, di tematiche e nuove tecniche. L’incontro anche con l’aristocrazia toscana e le diversificate collaborazioni con Telemaco Signorini, Gordigiani, Banti, Vito D’Ancona, Fattori e dagli altri pittori del Caffè Michelangelo furono certamente essenziali, ma l’artista ferrarese desiderava aprirsi a più ampie esperienze dell’oltralpe europeo e immergersi al più presto in quel clima Parigino che tanto amò rappresentare (descrivere) nelle sue più importanti capolavori. Senza lasciarsi troppo influenzare dai suoi amici “macchiaioli”, infatti, nel 1867 si trasferisce a Parigi.

Il cappellino azzurro, 1912 ca
olio su tela, cm 55 x 46
Nella capitale francese apprezza il realismo di Courbet e rimane affascinato dalla rivoluzione impressionistica di Manet. La svolta però è a Londra, dove può ammirare i ritrattisti inglesi del Settecento. Con tale background, Boldini si affermerà come il massimo rappresentante del ritratto d’epoca, mondano, e il più deciso interprete dei “giorni incantati della Belle Époque” e “delle figure di nobili signore dell’epoca, donne dalla grazia e dalla delicatezza infinite, insoddisfatte e irrequiete
La donna di Boldini - grande protagonista della Mostra al Vittoriano - è consapevole del desiderio che suscita nell'universo maschile - afferma il curatore Tiziano Panconi nella presentazione a catalogo sapientemente dettagliata ed esaustiva - l’artista gioca sulle corde della sensibilità femminile, ma non si limita alla riproduzione della bellezza, indugiando piuttosto sulla consapevolezza di un ruolo, dove il fascino dell’eleganza è esaltato anche dall'abbigliamento. La donna, libera dalle ingabbiature che costringevano il suo corpo nella crinolina, Privilegia gli abiti che ne possano valorizzare la figura e svelarne generosamente le grazie. È una donna spensierata e galante, consapevole della propria forza seduttiva; i corpi traspaiono dalle mussole, dalle arricciature, dai volant e dalle piume in un clima contraddistinto da una sensualità dilagante”.

Il vestito da ballo (signora che cuce; interno con giovane
intenta a cucire), 1904 ca, olio su tavola cm 27 x 35
Donne di una romantica eleganza come  Madame x con collare di perline, o la raffinata Signora bionda in abito da sera, o il corpo agile e slanciato della Signora in bianco con guanti e ventaglio, la sensualità del “Nudo” sdraiato o quello ancor più ammiccante di Provocazione. Grande la sua modernità di interpretare i volti, gli sguardi, noti i suoi autoritratti o i ritratti come quello del conte Robert de Montesquiou o l’ancor più celebre di Giuseppe Verdi. Da Donna Franca Florio, o di Emiliana Conche de Ossa, alla Scena di festa Moulin Rouge del 1889, dai cavalli in movimento, agli avventori al caffè, dagli spettatori a teatro, ai passanti per la strada, alle visioni di campagna e di città, Boldini ha scardinato alcuni stereotipi concettuali ricordando che l’immagine deve essere concepita come “materia in movimento” e che l’opera pittorica non rappresenta un archivio di memoria collettiva ma, nella sua funzione di servizio all'immaginazione, è piuttosto un archivio dell'immaginario collettivo. 

Di fronte al manifestarsi dei movimenti avanguardisti, l’errore compiuto da quella critica sta forse nell'avere sovrapposto alla novità estetica, simbolica e speculativa di Futurismo, Dadaismo, Surrealismo, il tratto stilisticamente compiuto e formale di Boldini, senza aver tenuto conto dell’innovazione profonda attuata attraverso la presa diretta, nervosa e inquieta, degli eventi (fissati come in una foto) innestata sul gusto eccessivamente classico della congerie artistica di allora. 

L’esposizione, quella ospitata presso gli ampi spazi delle Grandi Mostre al Vittoriano, raccoglie tutto questo in quasi 160 opere provenienti da circa 30 musei di tutto il mondo e dalle più importanti collezioni private nazionali e internazionali e aggiunge un fondamentale tassello per la conoscenza dell’intero corpus pittorico del maestro ferrarese.

Un importante capitolo del catalogo, edito da Skira, è dedicato alla pubblicazione di una quarantina di lettere inedite di Boldini, portate alla luce da Loredana Angiolino e Tiziano Panconi, curatore e presidente del Comitato scientifico, di cui fanno parte la stessa Angiolino, Beatrice Avanzi (curatrice del Museo d'Orsay), Sergio Gaddi, Leonardo Ghiglia e Marina Mattei (curatrice dei Musei Capitolini).